La demenza senile e il trattamento riabilitativo R.O.T.
E’ diffusa l’opinione che l’invecchiamento si accompagni inesorabilmente alla perdita di numerose funzioni sia fisiche che mentali. Secondo questa visione negativa della vecchiaia sono tuttora validi l’antico aforisma “senectus ipsa morbus” e la più recente, ma ugualmente insopportabile, immagine di Shakespeare secondo il quale sono numerosi i tributi che si devono pagare alla vecchiaia: “senza memoria, senza denti, senza occhi, senza tutto”. Il processo di invecchiamento o di senescenza nell’organismo umano coinvolge vari ambiti: genetico, metabolico, ormonale, immunitario, oltre a quello relativo alle strutture degli organi, dei tessuti e delle cellule. Vi è: limitazione della normale vita replicativa delle cellule somatiche, disidratazione tessutale, aumento del contenuto di collagene della pelle e conseguente riduzione di elastina, una certa depressione del sistema immunitario, aterosclerosi, aumento dell’incidenza di patologie osteo-artritiche e demenziali. E’ stato dimostrato che un ambiente stimolante e l’opportunità di un maggior esercizio sia mentale che fisico rappresentino potenti strumenti di amplificazione dei meccanismi di difesa dell’organismo, ed in particolare del cervello. Oltre la perdita neuronale, le due caratteristiche anatomo-patologiche sono le placche senili (neuritiche) di materiale amorfo (amiloide) e un ispessimento ed una condensazione delle cellule nervose che sopravvivono. Spesso la perdita neuronale è selettiva. Non è pertanto sorprendente che le demenze producano anche una serie di disturbi non cognitivi quali perdita del controllo emozionale, alterazioni del comportamento, della personalità, disturbi della postura, del movimento e della coordinazione. Tra le demenze corticali ( a carico della corteccia cerebrale ) è possibile annoverare, tra le altre, la Malattia di Alzheimer. Essa si divide in pre-senile ( in soggetti giovani, al di sotto dei 65 anni d'età ) e post-senile ( oltre i 65 ), da qui il termine di " demenza senile ". Tra le demenze sottocorticali ( a carico delle strutture più profonde ) vi sono quelle associate al Parkinson, alla Sclerosi Multipla, all'AIDS ( quadri infettivi massivi ), a problemi vascolari ( lesioni ischemiche, per esempio ), a quadri depressivi in cui non è sempre possibile differenziare la demenza vera dalla depressione ( pseudodemenze ).

Demenza senile
I segni più precoci sono spesso sfumati e facilmente sottovalutati. Un familiare attento può notare una riduzione nel livello di attività mentale e fisica del soggetto, una certa carenza di iniziative e di interesse, un’inclinazione ad evitare la conversazione, una negligenza nei compiti abituali ed un’indifferenza per le attività di svago. A tali sintomi fa seguito una più evidente dimenticanza non solo dei nomi propri, bensì anche di date, appuntamenti ed attività programmate; il paziente pone la medesima domanda ripetutamente e dimentica rapidamente la risposta. Il soggetto è sempre più distratto da incidenti passeggeri o irragionevolmente preoccupato da eventi poco degni di nota e non è in grado di portare a termine attività complesse. A causa delle difficoltà di calcolo (acalculia) non riesce più ad occuparsi dell’economia familiare e le finanze di casa devono essere sottratte dalla sua responsabilità. Utili per la diagnosi sono la TAC, la RMN e l’EEG. Gli stadi sono 5: demenza incerta, lieve, moderata, severa fino alla regressione fetale con annessi problemi respiratori e di alimentazione. In generale è possibile avere: vagabondaggio, insonnia, disorientamento spazio-temporale, disturbi della memoria e del comportamento ( vedi aggressività, collera improvvisa, agitazione, labilità emotiva, depressione, stati confusionali, deliri ed allucinazioni ), compromissione di attività automatiche del quotidiano ( mangiare, vestirsi, lavarsi ), cadute più frequenti, incontinenza, piaghe da decubito in seguito ad allettamento protratto, difficoltà nella comunicazione. Ma è anche bene ricordare che un paziente demente, ricoverato in una struttura, può perdere ancora più velocemente l'autonomia rispetto a coloro che rimangono a vivere nel proprio domicilio. Di contro, in famiglia possono venire a crearsi equilibri complessi e delicati, spesso dominati dalla fatica, dall'ansia e dal dolore. I fattori di rischio possono essere molteplici: età avanzata, famigliarità, bassa scolarità, traumi cranici, intossicazione da alluminio e zinco, fumo, consumo di estrogeni ed antidolorifici, diabete, ipotiroidismo.

R.O.T. ( Terapia di Orientamento Reale )
Tale tecnica è stata descritta per la prima volta da Taulbee e Folsom (1968), traendo spunto da un programma di riabilitazione per i disturbi mentali dei veterani della 2° Guerra Mondiale. L’orario d’inizio della seduta dovrebbe essere sempre lo stesso proprio al fine di evitare confusione nei pazienti che, solitamente, tendono ad invertire il mattino con il pomeriggio. La stessa attenzione va prestata nell’orario conclusivo della seduta in modo che il paziente sappia che cronologicamente è trascorsa all’incirca un’oretta da quando si è iniziato. La ROT, per i suoi principi di apprendimento costante e di elevazione del livello di attenzione, non può durare troppo a lungo (45 minuti, massimo 60). E' consigliabile una frequenza bi-settimanale. Il gruppo di lavoro non dovrebbe essere composto da più di 3 pazienti ( possibilmente in uno stadio similare ). In una seduta-tipo vengono somministrate a voce delle schede, precedentemente preparate. Tali schede si basano su: il ripasso o memorizzazione dei nomi dei presenti e delle loro date di nascita, l'orientamento spazio-temporale ( dove siamo e che giorno è oggi ), la distinzione tra " sopra " e " sotto " oppure tra 2 destra e sinistra, il riassunto e memorizzazione dei punti salienti di un semplice racconto ( anche una fiaba ), l'esercizio di prassie ideomotorie ( elenco verbale delle azioni in sequenza necessarie a preparare un caffè con la macchinetta o un piatto di pasta in bianco ), l'esercizio di riconoscimento dell'orario, la memorizzazione di un numero telefonico ( casa ), il gioco delle carte e molto altro ancora. Ad ogni risposta fornita, l'operatore potrà assegnare un numero: 0, 1, 2. O quando il paziente non è in grado di rispondere correttamente; 1 quando la risposta si " avvicina " a quella corretta; 2 quando è tutto corretto. Ovviamente trattasi di terapia; non si è a scuola e l'obiettivo primario è quello di stare meglio ( la R.O.T. Non ha la pretesa di curare totalmente la demenza ), non quello di fare bella figura con l'operatore. Certo è che il rinforzo positivo ( quando il paziente riesce a rispondere correttamente ) e l'incoraggiamento in generale sono alle basi di una buona seduta R.O.T. I successi ottenuti durante le sedute vanno sempre rinforzati con una serie di accorgimenti verbali e non. Si dirà “bravo” e contemporaneamente o successivamente si annuirà con la testa, si sorriderà al paziente in modo spontaneo. Non bisogna mai utilizzare rinforzi negativi come “hai sbagliato”, ma limitarsi a dire che non è importante se non ricorda e che al suo posto può rispondere un altro del gruppo. Il camice potrebbe creare una sorta di distacco tra il terapeuta e il paziente quindi sarebbe preferibile evitarlo scegliendo, altresì, un abbigliamento più informale. E' molto importante parlare ad alta voce, ma con tono dolce, scandendo bene le parole in frasi semplici, eventualmente aiutandosi con dei gesti, in modo che il paziente, con problemi di comprensione, riesca a capire ciò che gli si sta dicendo. Spesso ci si da del " tu " chiamandosi per nome, ma solo qualora il paziente sia disposto ad accettare la cosa. I famigliari saranno informati sull'andamento della terapia e consigliati circa lo stile di vita migliore da condurre a casa. Ciò permetterà di divenire a loro volta operatori del loro caro, nelle restanti ore del giorno.